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Indice "Compaesani da ricordare"

   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   

   
   
   
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MARIO VECCHIATTO
Udine 1931-1987

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Mario Vecchiatto nasce a Udine, in via di Mezzo, il 21 maggio 1931.

Amico e vicino di casa di Luigi Cainero (anch’egli in seguito più volte azzurro di pugilato), viene attratto dalla noble art e comincia a frequentare la palestra dell’Associazione Pugilistica Udinese, diretta dal suo fondatore Giacomo Morgante. Dotato di buon fisico, abilità motoria e potenza, apprende totalmente la tecnica, che gli viene insegnata anche da Steve Klaus e Natalino Rea. 

Da pugile dilettante disputa oltre un centinaio di combattimenti; più volte azzurro, nel 1952 a Trieste viene sconfitto ai punti nella finale dei Campionati nazionali da Aureliano Bolognesi (divenuto, lo stesso anno, campione olimpico a Kelsinki) e nel 1953, a Bologna, diventerà Campione italiano nei pesi superleggeri.

Terminato il servizio militare di leva, passa a professionista nella scuderia di Bruno Fabris e il 4 settembre 1954 debutta sul ring del teatro Principe di Milano battendo prima del limite Piero Schettino, poi Mario Posca, il francese Felix Rollè e altri.

   
Milano, considerata la mecca del pugilato italiano, gli tributò tanti applausi e l’organizzatore Plinio Gabassi lo ripresentò spesso agli habitué del teatro di viale Bligny. 

Tenta la scalata al titolo italiano dei pesi leggeri per la prima volta nel ’57 a La Spezia e viene sconfitto ai punti da Bruno Visintin. Ci riprova un anno più tardi a Parma contro Marcello Padovani e anche questa volta gli va male: perde, infatti, per squalifica all’ottava ripresa. In seguito Vecchiatto, passato con Libero Cecchi, stende, tra gli altri, la promessa francese Marcel Duprè e batte il fuoriclasse cubano Orlando Zulueta, rifiutato in un primo tempo anche dal grande Duilio Loi.

La sera del 9 agosto 1958, sulla pista di pattinaggio di Lignano Sabbiadoro, migliaia di tifosi friulani assistono al suo trionfo su Annibale Omodei, che vale la conquista del titolo italiano dei leggeri. Ormai è diventato un campione e ne ha tutti i crismi, ma Vecchiatto resta sempre un ragazzo umile e schivo. Pur se viene da tutti invitato (anche il mondo della pedata se ne accorse e lo chiamò a dare il calcio d’inizio a partite importanti), preferisce i soliti amici e, con loro, non disdegna la sigaretta e un buon bicchiere di vino, ma se c’è da combattere si fa trovare ben preparato. 

Il 5 settembre dello stesso anno affronta a Milano per la corona europea il mitico Duilio Loi. L’incontro terminerà alla pari ma molti sono convinti che Mario l’avesse superato nel punteggio. Il 27 settembre Vecchiatto mette volontariamente in palio il titolo tricolore a Lugo di Romagna contro il guardia destra Bruno Ravaglia e anche lì ne uscirà un pari che non sarà ben accolto dall’entourage del friulano. Il suo procuratore non è più nelle grazie dei maggiori organizzatori del momento, ma riesce comunque ad affrontare e sconfiggere pugili del valore di Charley Douglas (Usa), Fernand Nollet (Francia) e a difendere il titolo a Udine contro il veneziano Germano Cavalieri, in un palasport gremito al punto che vennero usate anche le sedie tolte dalla cucina del custode. 

L’attività per lui in Italia comincia a scarseggiare e Vecchiatto tenta la via americana, con la prospettiva di un incontro per il titolo mondiale, ma purtroppo le cose non vanno per il verso giusto e al suo esordio a Chicago viene sconfitto da Bobby Scalon.

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Mario non si abbatte, rientra subito a casa – si sta facendo costruire una graziosa villetta a Pasian di Prato – e riparte per Ginevra dove batte il francese Epiphane Akono.

Intanto Loi ha lasciato vacante il titolo europeo e Vecchiatto viene chiamato a contenderselo con il francese Laouari Godith all’ottava ripresa. La polemica di Cecchi con gli organizzatori italiani continua e Mario combatte due volte a Parigi e deve accettare di incontrare a Londra lo sfidante ufficiale al titolo europeo il mancino inglese Dave Chaenley nello stadio di Wembley. E’ la notte del 29 marzo 1960. il match è di quelli epici: per nove riprese il pugile udinese tiene testa al britannico, alla decima l’epilogo. Dopo atterramento, Vecchiatto, colpito alla mascella, finisce nuovamente al tappeto. Si rialza subito, ma appena in piedi alza una mano. L’arbitro interpreta il gesto come abbandono e sospende l’incontro. Nello spogliatoio Vecchiatto dirà che il suo gesto voleva far intendere al’arbitro che era in grado di proseguire il match, ma ormai la frittata è fatta.

Il 30 ottobre, a Milano, lascia nelle mani del pavese Giordano Campari anche il titolo di campione italiano. Lo riconquisterà a Roma il 7 dicembre 1962 con Renato Giacchè e lo difenderà, vittoriosamente, dall’attacco del livornese Franco Brondi il 18 luglio 1963 a Lignano Sabbiadoro. Ancora detentore di quel titolo, si ritirerà dall’attività agonistica per aver ottenuto un impiego dal Comune di Udine in qualità di custode dei campi da tennis e poi del Benedetti, dove per tanti anni si era allenato e aveva combattuto, inaugurandolo la sera del 30 novembre 1957 con la vittoria su Duprè.

Mario Vecchiatto, colpito da male incurabile, muore a Udine il 16 maggio 1985, salutato al funerale da una grande folla e dalle stentate note della tromba che suona il silenzio fuori ordinanza. Aveva militato nella gloriosa brigata alpina Julia.

Cittadino adottivo di Pasian di Prato fin dal 1959, a Mario Vecchiatto, con Deliberazione n. 157 del 23 maggio 2005, il Comune di Pasian di Prato ha voluto dedicare il nuovo Palazzetto dello Sport, inaugurato nel 2005.

Testo: © Il Friuli.it

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