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Indice "Compaesani da ricordare"

   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   

   

   

   
   

 

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ROSA CANTONI (Giulia)
(Pasian di Prato 1913 - Udine 2009)

 

Rosina Cantoni, alla nascita Rosa Maria, figlia di Angelo Cantoni, tipografo, e di Maria Mos, ambedue di Paderno. Quando Rosa nacque, il 25 luglio 1913, la madre gestiva un'osteria a Pasian di Prato. Ma gli affari non andavano bene, e ben presto la famiglia si trasferì a Udine. Una famiglia numerosa, con 10 figli, dei quali Rosa era la penultima.

In casa Cantoni si leggeva molto, non solo libri di avventure ma anche giornali, come l'Avanti!, e poi l'Unità, dato che il fratello Giovanni si era iscritto al Partito comunista. E andavano anche, la domenica, al Cinema Italia, presso la chiesa di San Cristoforo, dove la madre, appassionata, portava lei e suo fratello Giovanni.

Nei primi anni Venti, quando le squadre d'azione fasciste spadroneggiavano ovunque, anche la famiglia Cantoni fu perseguitata, in particolare lo zio materno Pietro Mos, segretario della sezione socialista di Paderno, che si nascose a casa loro.

   
Anche il fratello Giovanni divenne un antifascista militante: sfruttando il suo mestiere (era tipografo), stampava volantini da distribuire clandestinamente. E aveva passione per la montagna, passione che lo condusse alla morte nell'agosto del '28, durante l'ascesa della parete nord del Bila Pec, del gruppo del Canin. 

Rosa, dopo aver frequentato le elementari, andò a fare apprendistato da una sarta, quindi ottenne un lavoro presso l'industria d'abbigliamento Basevi; ma lì, come succede in genere in fabbrica, non si riusciva ad acquisire veramente il mestiere; la madre decise di farle far pratica in una sartoria di prima categoria. Solo dopo aver acquisito una vera professionalità, la fece ritornare da Basevi.

Con la guerra d'Etiopia (1935-36) il padre perse il lavoro: la tipografia aveva deciso il trasferimento in Abissinia e lui non se l'era sentita di abbandonare la famiglia. E senza lavoro rimase anche il fratello Otello: solo saltuari impegni, rilegare libri il primo, intagliare casse da morto il secondo. Rosa contribuiva, con piccoli lavori a domicilio nelle pause che la fabbrica le permetteva.

Poi con le leggi razziali (1938) anche Rosa perse il lavoro perché il proprietario (Basevi era ebreo) fu costretto a chiudere. L'anno dopo la fabbrica fu riaperta con altro nome, e Rosa fu riassunta. 

Con la guerra, l'antifascismo latente che caratterizzava la famiglia,  divenne, dato il catastrofico corso degli eventi, palese e consapevole: quando il giorno del suo trentesimo compleanno (25 luglio 1943) il regime crollò, Rosa in fabbrica non esitò a fare a pezzi davanti alle operaie il ritratto del Duce che giganteggiava sulla parete dello spogliatoio delle operaie. 

Dopo l'8 settembre, gli antifascisti che stavano organizzando la Resistenza presero subito contatti con Rosa: la sua famiglia dava garanzie sicure e c'era bisogno di ragazze che aiutassero, garantendo la sopravvivenza degli uomini che già salivano sui colli alle spalle di Udine.

Il primo a cercarla fu Periz[1], che la mise in contatto con Virginia Tonelli [2]. Insieme a lei e ad altre coraggiose partigiane divenne staffetta delle Brigate Garibaldi portando ovunque in regione ordini e documenti, armi e quanto serviva ai partigiani della montagna: un lavoro fondamentale per la Lotta di liberazione, perché forniva alla Resistenza quei servizi (intelligence, sanità, collegamenti e circolazione delle informazioni) che negli eserciti moderni sono svolti da corpi altamente specializzati.

Era nata così la partigiana “Giulia”[3], e il suo lavoro fu subito considerato tanto importante che Mario Lizzero[4] la convinse ad abbandonare il posto in fabbrica: la federazione del Pci di Udine avrebbe provveduto alle necessità della famiglia con un contributo.

Il 16 dicembre 1944, “Giulia” fu arrestata dai fascisti della “Tagliamento”[5], mentre, con i mutandoni allacciati alle caviglie ripieni di materiale di propaganda, si avviava all'appuntamento con un giovane partigiano. Fu interrogata dai fascisti, quindi, in via Spalato dall'interprete del comando SS di Udine Kitzmüller. L'11 gennaio 1945 fu deportata a Ravensbrück. Come successe a quasi tutti i deportati, fu poi trasferita in vari altri campi, secondo le esigenze dell'industria bellica tedesca. Affrontò anche quella fase che i deportati ricordano come “marce della morte”, l'assurdo e tragico girovagare da un punto all'altro della Germania negli ultimi giorni per evitare l'avanzata da ogni fronte degli alleati occidentali e dei sovietici. In quell'occasione Rosa riuscì, con altre deportate, a fuggire. La liberazione la colse nella zona di occupazione russa, il che significava un ritorno in Italia ritardato. Arrivò infatti a Udine il 27 ottobre 1945. 

L'esperienza sconvolgente dei campi di concentramento segnò la vita di tutti i reduci dalla deportazione, talvolta con conseguenze tali da minare la salute fisica e psichica; ma “Giulia” seppe razionalizzare il suo vissuto di deportata in maniera straordinaria, come è visibile nelle interviste rilasciate agli storici prima, e nel numero altissimo di lezioni fatte poi davanti a migliaia di studenti delle scuole di tutto il Friuli, per cui la sua figura divenne popolarissima e amata da tantissimi giovani.
Per lei andare nelle scuole era diventata la sua missione “politica”, perché i giovani dovevano sapere, perché altrimenti sarebbe potuto accadere di nuovo. 

Nel dopoguerra Rosa tornò a lavorare da Basevi, fino al 1965; quindi fu segretaria di Mario Lizzero, che era stato eletto alla Camera dei deputati. Contemporaneamente si impegnò nella CGIL, nell'UDI (Unione Donne Italiane), nell'ANED (Associazione nazionale ex deportati).
Fu consigliera al Comune di Udine.
E poi la pensione, che le offrì la possibilità di portare ovunque la sua testimonianza preziosa, fino alla fine. 

Morì a Udine il 28 gennaio 2009, circondata dall'affetto di tanti amici e di tanti, tanti giovani.

Note biografiche a cura di Flavio Fabbroni

A Rosina Cantoni, "Giulia", l'attrice e autrice teatrale Aida Talliente ha dedicato una straordinaria piece teatrale intitolata "Sospiro d'Anima", che ha riscosso grande successo in tutta Italia e unanimi consensi da parte della critica teatrale.
Sul sito web comunale è possibile visualizzare un lungo frammento dello spettacolo di Aida Talliente.


[1]    Giobatta Periz “Orio”, antifascista e partigiano, condannato dal Tribunale speciale a 18 anni di reclusione, morto a Mauthausen; dov'era stato deportato il 2 febbraio 1945.

[2]    Virginia Tonelli “Luisa”, antifascista e partigiana, organizzatrice dei Gruppi di difesa della donna e delle staffette, Uccisa nella Risiera di San Sabba nel settembre 1944, Medaglia d'Oro.

[3]    Il nome di copertura le fu dato da Aldo Lampredi “Guido”, fiorentino, ispettore del Comando generale delle Brigate Garibaldi.

[4]    Mario Lizzero “Andrea”, commissario politico delle brigate Garibaldi del Friuli.

[5]    Reggimento Volontari Friulani Tagliamento, comandato dal col. Ermacora Zuliani e dipendente dalla Polizia tedesca per l'ordine pubblico.

 

     

COMPAESANI DA RICORDARE

ARMO AGOSTO
PUBLIO BONANNI
ROSA CANTONI
LEONIDA CASARTELLI
I CINQUE MARTIRI DI VIA UDINE
LUIGI D'ANTONI
MAURO DEGANO
PIETRO DEGANO
GINO DEL FORNO (TAGÀL)
SILVIO DEL FORNO
GIO.BATTA DEL NEGRO
IVAN ESENTE
MARIA LAURA ROCCA (MARIA GAYNO)
VENCESLAO MENAZZI MORETTI (LAO)
FERRUCCIO MISSIO
CARINO QUERINI
FRANCO SGUERZI
MARIO VECCHIATTO
ELIO VENIER
LUIGI ZORZI

La pièce teatrale che Aida Talliente ha dedicato alla storia e al personaggio
di Rosa Cantoni
(seleziona l'anteprima per visualizzare
un lungo frammento dello spettacolo)


Lunga intervista a Rosa Cantoni in occasione del suo 95° compleanno


Intervento di Rosa Cantoni
all'Auditorium Zanon di Udine nel 2002